AVVELENAMENTI ED INTOSSICAZIONI
NEL RICCIO

II^ parte
- Anticolinesterasici
  ◦
organofosforati
  ◦ carbammati

 

 


Purtroppo, nelle nostre comunità, nonostante la esista una legislazione, piuttosto precisa e circostanziata, sull'utilizzo delle esche avvelenate, è molto diffusa la consuetudine ad utilizzare le più svariate sostanze tossiche (dai veleni franchi, ai detersivi, agli antigelo, ... senza limiti ad una fantasia hitleriana).

Dove non arrivano i veleni, ecco le trappole meccaniche, a volte preparate e distribuite se non da enti pubblici in primis, da aziende convenzionate, per il controllo numerico di determinate specie animali; purtroppo, al di là delle modalità, queste trappole non sono selettive e al loro interno si ritrovano spesso, in pessime condizioni, se non deceduti, gli animali più diversi: dai ratti ai gattini, dai ghiri ai ricci, dalle donnole agli uccelli, ...

Fortunatamente, si incontrano anche persone ragionevoli, con cui ci si può confrontare, disponibili a cambiare strumenti e\o modalità di utilizzo, per limitare al massimo i danni agli animali domestici, ma anche ai selvatici. Nella nostra provincia (RE), per esempio, grazie alla buona volontà di ENIA, per la derattizzazione è stata concordata una stagionalità diversa per la posa dei dispositivi di cattura, con misure ed altezze dal suolo diverse, ...

Ma se con gli Enti è possibile un cammino che tenga conto delle diverse esigenze, riducendo le penalizzazioni, questo non è possibile quando a disporre esche avvelenate è un privato, che non tiene conto di alcuna regola e prudenza, il cui unico fine è risolvere il proprio problema (anche legittimo), ma con modalità che lasciano esiti sicuramente peggiori della motivazione che ne aveva promosso la messa in essere.
Le motivazioni più frequenti che si ritrovano per giustificare questi comportamenti, escludendo quelle di carattere sanitario o comunque istituzionali e con ragioni di bene pubblico (talora anche queste discutibili), sono:

Le esche vengono confezionate in maniera furbesca (devono ottenere il risultato!), rese appetibili, nascoste (spesso, contaminandolo, restano nell'ambiente per molto tempo).
Spesso le sostanze tossiche usate sono talmente pericolose che non è neppure necessario inghiottirle per subirne gli effetti, ma il solo contatto cutaneo o l'inalazione le può rendere letali.
E non si pensi che lo siano solo per gli animali, ma un bimbo che gioca in un parco o nel verde dei boschi o della campagna può scovare un'esca avvelenata nascosta (o persa nel tempo), toccarla, annusarla, anche senza ingerirla e patirne le conseguenze. Spesso chi usa questi prodotti, ne ha una conoscenza grossolana; sa che si tratta di veleni (apposta se li procura!), ma non ne conosce gli effettivi rischi, non conosce le possibili vie di ingresso, i tempi di azione, la permanenza massima nell'ambiente, la situazione delle vittime primarie nelle catene alimentari, ...

Molto spesso si tratta di prodotti relativamente recenti, che pur con meccanismi di azione diversi tra loro, si accomunano per la rapidità con cui possono condurre a morte il vivente.  L'animale intossicato smetterà di nutrirsi e di contaminare l'ambiente in un lasso di tempo assai breve dall'assunzione del veleno, a differenza di quanto avviene con gli anticoagulanti, dove gli animali colpiti continuano ad essere attivi per più giorni.
A tale rapidità di azione si associano importanti inconvenienti, che dovrebbero suggerire di ridurre l'impiego di queste sostanze: questi veleni non dispongono quasi mai di efficaci antidoti, rendendosi assai pericolosi per la salute dell'uomo e delle specie non bersaglio.   Comunque, anche nei pochi casi in cui esista un antidoto, la rapida azione di questi principi attivi ne rende molto difficile la somministrazione in tempi utili.
Nel caso dei roditori, poi, i rodenticidi acuti tendono a sviluppare una elevata diffidenza per le esche.   Infatti, dato che i sintomi dell'intossicazione si presentano già nell'arco delle prime ore o, talvolta, nei minuti immediatamente successivi all'ingestione dell'esca tossica, gli individui, che abbiano ingerito dosi sub-letali del principio attivo, sono in grado di associare il malore all'assunzione del cibo avvelenato e quindi diffidarne da quel momento in poi, vanificando così l'utilità della campagna di derattizzazione nel lungo periodo.

Sempre più frequenti sono le richieste di aiuto, per avvelenamento di ricci, sia con la consegna di animali rinvenuti, per lo più di giorno, in stato di estrema sofferenza, spesso in condizioni di non recupero, sia come consulenza telefonica.  In quest'ultimo caso la diagnosi è presuntiva, sulla base del racconto e della descrizione fatta da chi ha rinvenuto l'animale; in molti casi, l'animale, già soccorso in ritardo, non riesce neppure a pervenire presso un veterinario, per una corretta valutazione ed una conferma della supposta diagnosi.  Ciò non permette di stilare statistiche reali sulle cause di morte provocate dagli avvelenamenti, probabilmente sottostimati.

Di frequente uso, utilizzati essenzialmente come insetticidi per le piante e per gli animali, sono spesso causa di avvelenamento sia negli animali da compagnia che da reddito, negli animali domestici come in quelli selvatici: si tratta degli

Anticolinesterasici.

Agiscono nell’organismo attraverso un’ inibizione delle colinesterasi (fosforilazione, carbamilazione): composti organofosforati (Tab. 1) e composti carbamati  (Tab. 2). 
L'acetilcolinesterasi è l'enzima che inattiva rapidamente l'acetilcolina, dopo la trasmissione di un impulso nervoso alle fibre; la sua inibizione, ad opera degli anticolinesterasici (reversibili, ma soprattutto quelli irreversibili: malathion, parathion, oppure i gas nervini) determina un accumulo di acetilcolina, con conseguente rallentamento o blocco della conduzione nervosa  (Tab. 3).

Molti composti di questa classe, vengono usati anche come acaricidi, fungicidi, erbicidi (esteri dell’ac. fenilcarbammico), nematocidi.
 

Organofosforati

 

  • Esteri organici degli acidi fosforico, fosfonico, fosforotionico, ecc...

  • Elevata solubilità nei solventi organici, nei grassi e negli olii.

  • Degradazione abbastanza rapida, ma possono persistere nell'ambiente da 2 a 4 settimane.

     Organofosforati di uso più comune:
      ◦parathion;
      ◦cumafos;
      ◦diazinon, triclorfon, diclorvos, ronnel;
      ◦malathion;
      ◦leptofos, ....

Tabella 1

 

Carbammati

 
  • Derivati degli acidi N-metil-, NN-dimetil ed N-fenil-carbammico.
  • Bassa tossicità per i mammiferi.
  • Scarsa permanenza nell’ambiente.

 Carbammati di uso comune:
  ◦Ditiocarbammati,
  ◦Captan,
  ◦Rame, ...
 Vietati dalla CEE:
  ◦Bromuro di metile
  ◦Esaclorobenzene
  ◦Vinclozolin
  ◦...

Tabella 2

 

Acetilcolina

 

  •  L’acetilcolina è un neuromediatore responsabile della trasmissione dell’impulso nervoso da una fibra nervosa presinaptica ad un effettore o ad un’altra fibra nervosa postsinaptica, grazie a recettori specifici.
     

  • L’acetilcolina è presente a 3 livelli nell’organismo:
    giunzioni neuro-effettrici del sistema nervoso parasimpatico (azione sui recettori muscarinici);
    giunzioni neuro-neuronali ganglionari del simpatico e del parasimpatico così come a livello di placca motrice (azione sui recettori nicotinici);
       rilascio sinaptico del sistema nervoso centrale.
     


Effetti anticolinesterasici nei mammiferi

 

 Fase muscarinica: scialorrea, dacriorrea, sudorazione, scolo nasale, miosi, iperperistalsi intestinale, vomito, diarrea, tenesmo, defecazione e minzione involontarie, ipersecrezione bronchiale, murmure rinforzato, broncocostrizione, bradicardia.

 Fase nicotinica: tremori e fascicolazioni muscolari, debolezza, barcollamento, deambulazione rigida, fenomeni di vasocostrizione a livello di pelle, mucose, muscoli scheletrici, polmoni, cervello; tachicardia, paralisi muscolare, morte per paralisi dei muscoli respiratori.

 Effetti centrali: irrequietezza, eccitazione, astenia, atassia, depressione, paralisi dei centri respiratori e cardiocircolatori, convulsioni.

 •Tossicità ritardata: alcuni composti possono dare luogo ad effetti neurotossici ritardati, con degenerazione retrograda dei nervi motori che inizia dalle porzioni più distali dell’assone per raggiungere il midollo spinale, fino a livelli spinocerebrali e vestibolospinali.

 Quadro anatomo-patologico: lesioni assenti o poco specifiche (avvelenamento subacuto) quali: cianosi generalizzata, abbondante secrezione bronchiale, emorragie pleuriche.

Tabella 3


Non si ricorderà mai abbastanza che questi tossici sono estremamente velenosi anche per l'uomo: inalazione, contatto, ingestione devono essere evitate.
Inoltre, nel soccorrere animali o nel recupero di carcasse, bisogna usare guanti in gomma, stivali, adeguati soprabiti protettivi, oltre a mascherine o addirittura respiratori, se si sospetta la presenza di inalanti.
 

Vanno sempre avvisate le autorità locali; l'attuale legislazione italiana prevede obblighi strettissimi di intervento per i sindaci, per i servizi veterinari delle Aziende sanitarie locali, per il Corpo forestale dello Stato, per gli Istituti zooprofilattici sperimentali competenti per territorio, per le Guardie zoofile e per le Forze di polizia locali.

 

L'utilizzo degli anticolinesterasici come insetticidi, acaricidi, erbicidi, ..., é diffuso in tutto il mondo.
L'andamento annuale degli avvelenamenti, quando non sia francamente doloso o per imperizia e\o scarsa informazione, risente della stagionalità di utilizzo dei lumachicidi ed erbicidi, con picchi tardo primaverili\estivi.
Nel riccio l'assunzione del veleno è essenzialmente diretta, con l'ingestione di "palline" o granuli di preparati, contenenti il tossico oppure divorando lumache a loro volta contaminate dai tossici; nel caso di utilizzo in polveri, specialmente nelle campagne, l'assunzione avviene anche per contatto cutaneo e per inalazione (alcuni organofosforati restano attivi nell'ambiente sino a 4 settimane) o ancora misto: il contatto con sostanze non conosciute provoca nel porcospino il fenomeno dell'autosputo, pertanto l'assunzione è sia per contatto cutaneo che per ingestione); nel caso dell'allattamento, poi, il veleno, viene ingerito dai piccoli, anche succhiando i capezzoli, che la mamma ha trascinato sul suolo contaminato, raccogliendo la polvere tossica.

L'assunzione e l'eventuale tossicità esercitata dal tossico sono, inoltre, influenzate sia da condizioni ambientali che individuali, oltre che da varianti nella preparazione dei prodotti:

Il periodo di incubazione è estremamente variabile e dipende dai fattori appena menzionati, da ore a settimane. Questo periodo (dato anamnestico dell'uso di un determinato prodotto in una certa area), che sarebbe utile per una diagnosi precoce e relativo trattamento tempestivo, nel caso del riccio è inutilizzabile: il riccio è un selvatico, che si muove di notte. Il rinvenimento di un animale sofferente, quindi, è sempre in fase avanzata e quasi sempre si tratta di esemplare irrecuperabile; la diagnosi differenziale è complessa, quasi sempre manca il dato anamnestico dell'utilizzo di veleni e la scoperta di casi sporadici di animali con sintomi neurologici non aiuta a determinarla. Diverso è il caso in cui in una determinata zona vi sia il rinvenimento di numerosi esemplari, anche di specie diverse con sintomi muscarinici, nicotinici e centrali (Tab. 3). E' evidentemente importantissima la comunicazione tra i diversi veterinari che ne venissero a conoscenza e gli enti preposti (legislazione) per limitare i danni e circoscrivere il problema (spesso, nell'utilizzo dei veleni e delle esche vi è impreparazione se non dolo!).

I sintomi, che più comunemente può presentare il riccio, vanno dalla ipersalivazione, al vomito e alla diarrea, con tremori più o meno diffusi, barcollamento o deambulazione rigida, dispnea sino alla paralisi respiratoria e alla morte, che è preceduta da cianosi delle mucose.
Quando è possibile osservarli, i porcospini, che provengono da un giardino o da un orto trattato con granuli lumachicidi, cominciano ad avere una certa reticenza a mangiare, sono molto sensibili ai suoni e sobbalzano ad ogni rumore, sono irrequieti, talvolta, se provano ad alzarsi, si scuotono e tremano velocemente ad accessi (un tremito che si differenzia da quello indotto dalle basse temperature, più continuo e lineare), scattano sobbalzano violentemente, come se provassero un dolore estremo, si spostano tra di loro per riappiccicarsi un attimo dopo e ridividersi successivamente.

Come già detto questi sintomi sono comuni a diverse altre malattie e la diagnosi, per lo più, è di sospetto; l'evoluzione della malattia è quasi sempre rapida e non lascia tempo ad ulteriori indagini: il dosaggio urinario dei metaboliti del tossico, quando possibile è dirimente (ma è sempre importante il dato anamnestico!).
Post mortem, l'esame anatomopatologico, per lo più, non rileva alcun danno agli organi, se non aspecifiche congestioni  alla mucosa gastrica, al fegato, ai reni, ai polmoni.
Il trattamento ex juvantibus può indirizzare alla diagnosi.
La valutazione delle colinesterasi a livello del cervello, permetterebbe una diagnosi di certezza (valori all' 80% indicano una tossicità subletale, valori al 50% o inferiori una tossicità mortale); purtroppo questi valori sono determinati solo per alcuni animali e mancano statistiche per il riccio, sia per i valori di variabilità normale che per quelli patologici!
Altro esame utile e diagnostico, ma purtroppo non proponibile nell'uso comune, sarebbe la cromatografia del contenuto gastrointestinale, con l'evidenziazione di organofosforati e carbammati.

Trattamento

Prevenzione

L'unica profilassi possibile consiste nell'evitare il contatto con il veleno, con l'uso di forme alternative di controllo sulle lumache, possibile soprattutto quando si tratti di giardini ed orti (piccole estensioni).
Quando ciò non sia possibile, almeno, un uso corretto di insetticidi dovrebbe minimizzare il rischio di esposizione. Gli insetticidi dovrebbero essere usati alle concentrazioni corrette, con dosaggi appropriati, senza eccedere (con i veleni, in natura, non vale l'assioma: melius abundare quam deficere!), nelle stagionalità idonee, con condizioni climatiche adeguate. E' importante che non ci si affidi al fai da te (tra l'altro vietato dalle correnti normative), ma a personale adeguatamente preparato!

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